martedì 21 maggio 2013

Ahi! Ahi! Cucù!

Diciassette sillabe sono poche, è da un po' che lo penso.
Intendiamoci, mi piace ancora essere sintetico. Credo che ci sia una forza particolare nell'espressione secca di un pensiero, di un'intuizione o di una sensazione. Questa forza si stempera e si perde se passa attraverso troppe parole. Mi piace anche la forma, il fatto di dover rispettare una gabbia metrica abbastanza precisa, dalla quale poter uscire qualche volta per una scampagnata estemporanea, ma senza perderla di vista.
Ho saccheggiato le diciassette sillabe dell'haiku per i miei ahi! ku, lasciando indietro senza remore il kigo (il riferimento stagionale), il legame con la natura e tutto il sentimento poetico nipponico fatto di contemplazione di piccoli fenomeni quotidiani.  Alcuni ahi! ku, nel tempo, si sono riavvicinati alla forma a cui si ispirano, ma per tutte le altre mie eruttazioni momentanee, specialmente quelle sentenziose o salaci, questo metro mi è diventato po' stretto.
Mi sono messo alla ricerca di un'altra forma che fosse altrettanto definita, ma leggermente meno concisa. Ho fatto varie sperimentazioni nel segreto dell'offline e alla fine sono arrivato ad aggiungere semplicemente due sillabe a ciascun verso della forma haiku, che così diventa un metro composto da un settenario, un novenario e un settenario.
Un ahi! ku sovrappeso di ventitré sillabe - me lo immagino un po' sudato e trafelato mentre cerca di non farsi distanziare dai suoi più snelli ed eleganti cugini dagli occhi a mandorla - che ho battezzato nel consueto stile demenziale con il nome di Ahi! Ahi! Cucù!
Tra pochi minuti pubblicherò il primo.

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