martedì 17 agosto 2010

Professore, ma che fa?

“Professore, ma che fa?”
“Lo so ben io, signorina. Non si preoccupi.”
“Esca subito, non può stare lì dentro.”
“Posso, invece. Posso e voglio!”
“Questo è assurdo! Non faccia il bambino, venga fuori di lì!”
“Come pensa di costringermi a farlo? Sentiamo. Non può entrare a prendermi.”
“E' lei che non può! Non si è mai vista una situazione del genere, è contraria a ogni regola del vivere civile!”
“Le sue argomentazioni sono inutili, oltre che noiose, signorina.”
“Lei è pazzo! Non può vivere rinchiuso lì dentro per sempre.”
“Posso, posso. Le comunico che in questo momento mi sono riallacciato, perciò nulla di ciò che serve al mio sostentamento biologico mi mancherà.”
“Non esiste solo il dato biologico. Non pensa alla sua carriera accademica? Al suo insegnamento?”
“Questo corso era il mio ultimo, sono ufficialmente in pensione. In effetti, progettavo di chiudermi qui dentro da molto tempo, ho pianificato la tempistica nei minimi dettagli.”
“Non pensa alla sua famiglia, ai suoi cari? Non contano forse ancora per lei, anche se è in pensione?”
“Mi meraviglio di lei, signorina! Come migliore studente del suo corso, pensavo avesse letto che sono vedovo, senza figli e conduco una vita solitaria di studio e meditazione. È scritto sui risvolti di tutti i miei saggi... e io che le ho dato trenta e lode all'esame, povero me! Se avessi saputo che la sua memoria era un tale colabrodo...”
“Professore! Ho studiato i suoi libri con attenzione e li rammento piuttosto bene, ma la biografia sui risvolti.. ammetterà che non si tratta di nozioni fondamentali per la conoscenza della materia, spero.”
“Vista la sua apparente incapacità di di comprendere l'attuale situazione, direi che le sue speranze sono mal riposte.”
“... Il gatto! Ma certo! Caro professore, come vede il mio colabrodo qualche particella di sostanza l'ha trattenuta. Ricordo che la sua biografia menzionava un gatto. Lei è vedovo, senza figli e conduce una vita solitaria eccetera... con la sola compagnia dell'adorato gatto Schultz! Di razza Maine Coon, silver tabby se non erro...”
“Notevole, signorina, davvero notevole. Schütz, non Schultz, l'unico essere vivente che mi abbia mai capito oltre alla mia compianta madre, giace sepolto sotto la magnolia del mio giardino, dopo che una pietosa iniezione del veterinario lo ha sollevato dall'incombenza di terminare vent'anni di gloriosa vita felina con le sofferenze di un tumore. Questo avveniva tre mesi fa.
Naturalmente, ho avvertito l'editore affinché aggiornasse la mia biografia di conseguenza, ma mi ha risposto che si sarebbe dovuta aspettare un'eventuale ristampa delle mie opere. Quindi, non la ritengo colpevole per la sua ignoranza del fatto.”
“Sempre magnanimo.”
“Suvvia, non sia sarcastica. Ascolti, le faccio la cortesia di fugare qualche suo eventuale altro dubbio, informandola che non ho parenti in vita, eccettuati alcuni cugini di terzo grado residenti in Venezuela, che non ho mai visto in vita mia.
Come può constatare, non ho legami familiari o sociali che mi impediscano di disporre per me stesso questa clausura perpetua.”
“Clausura perpetua? Non capisco perché voglia chiudersi per sempre al mondo. Ora che è in pensione, libero da legami familiari e da doveri professionali, dovrebbe anzi aprirsi di più! Faccia nuove conoscenze, si dedichi a qualche hobby interessante, viaggi all'estero! Cosa sono settant'anni, al giorno d'oggi? Lei può vivere una vera e propria età aurea, non ancora intaccata dal declino fisico e psichico.”
“Bel tentativo, ma il suo canto da sirena non non supererà la barriera dei miei tappi di cera logici. Non ho nessuna voglia di aprirmi ad esperienze nuove del mondo esterno, anzi desidero l'esatto contrario.
Come lei sa, o come dovrebbe sapere, quando nelle prime settimane di vita cominciamo ad esperire il bisogno non soddisfatto, avvertiamo per la prima volta degli stimoli esterni. Questi sono nient'altro che la sensazione di mancanza della cosa, la madre che ci nutre, che siamo costretti a sostituire con il ricordo di lei nella nostra memoria e con la sua proiezione nel futuro, in altre parole con una tensione, una perturbazione del piacere originario. Gli stimoli esterni, quindi, nascono da una carenza, e il mondo irrompe nel nostro sé come disagio e sofferenza. Il nostro spazio vitale si spezza irrimediabilmente e dolorosamente in due: di qua la nostra vita, di là il mondo esterno, che scopriremo complicato dalla presenza dei rapporti sociali. Il nostro sistema chiuso e regolato dal principio del piacere è aperto a forza e costretto ad apprendere ed esplorare, in una ricerca senza pace dell'equilibrio perduto.
Solo il sonno ci permette di richiuderci temporaneamente in noi stessi, per riparare i danni causati dalle perturbazioni esterne, prova ne è che quando cominciamo ad avvertire come troppo fastidiosi gli stimoli, quando la luce e i rumori si fanno insopportabili, quando non riusciamo più a sostenere una conversazione e si allentano le nostre capacità di comportarci secondo le norme culturali, è allora che diciamo di essere stanchi e ci abbandoniamo al sonno.”
“Quindi, se ho capito bene, lei vorrebbe dormire per il resto della sua vita?”
“Vorrei, ma non posso. Nel sonno, il mio organismo non potrebbe ricevere di che sostentarsi, eccetto l'aria. Il sonno stesso, perciò, sarebbe turbato e interrotto da quella maledetta tensione di cui parlavo prima. Per questo ho escogitato il sistema che ho messo in pratica.”
“Perché coinvolgere proprio me, però?”
“Perché lei è giovane, sana e di piacevole aspetto. Inoltre pensavo che la sua mente pronta e gli ottimi risultati conseguiti la rendessero in grado di comprendere la mia scelta e di non opporre una ottusa resistenza, ma vedo che sono stato troppo ottimista in questo.”
“Vede, professore, lei non ha calcolato che sta ledendo un mio diritto fondamentale.”
“Oh, e quale sarebbe mai?”
“Il diritto di disporre della mia persona fisica, professore. Perciò, le intimo, anzi le ordino, di uscire subito dal mio utero!”
“Signorina, davvero lei mi sta facendo pentire di averle firmato il libretto. Non ho forse consumato le mie corde vocali in innumerevoli lezioni, spiegando come la riduzione del corpo a cosa di cui possedere la proprietà non sia altro che un prodotto della sua svalutazione, dell'errata percezione del sé come residente nella coscienza superiore? E come la coscienza superiore stessa non sia che un prodotto della simbolizzazione delle cose, della loro trasformazione da vita a non vita? Non ricorda che il corpo biologico, in quanto dato originario, non può essere annullato, pertanto viene posto come realtà epifenomenica rispetto alla cultura, cosicché l'homo duplex riduce la normatività dell'ambito organico e si affida a un ambito extra-organico per ricercare la sua identità? Lei non possiede il suo corpo, signorina, lei è il suo corpo!
L'unico diritto che possiede dal punto di vista organico è quello di assimilare o annullare le cose che entrano in contatto con lei... e a quanto pare mi ha assimilato, come del resto avevo previsto.”
“Ma io non voglio questo!”
“E' il suo sé culturale che la fa parlare così, il suo sé biologico ha già disposto diversamente: siamo uniti da un cordone ombelicale e da una placenta nuovi di zecca. Sto immerso in un piacevole liquido amniotico caldo e mi appresto a godermi questa nuova vita fetale, chiacchiere moleste permettendo.
Ora, se me lo consente, mi chiuderei agli stimoli esterni e mi appresterei a godere dell'immediata soddisfazione dei miei bisogni. Assimilerò nutrimento prima ancora di sentirne la mancanza, mi libererò delle scorie con altrettanta velocità e sarò schermato dall'esterno nocivo grazie a lei, mia ospite e, d'ora in poi, mio universo.”



“Professore? Mi sente?”
“Cosa c'è ancora?”
“Credo di aver capito, lei è un grande egoista, anzi un gigantesco stronzo!”
“Signorina, egoismo e altruismo sono categorie culturali, non mi interessano più. Un animale percepisce una cosa e, guidato dall'istinto, la prende e la assimila, senza pensare ad altro, senza sospendere l'assimilazione e farne un simbolo che obbedisca ad altre logiche. Così fa un neonato: succhia dalla mammella fino a sazietà e defeca senza controllo. Non pensa agli altri, non ha nemmeno il concetto di “altra persona””.
“Lei non ha capito. Dicevo che è uno stronzo perché mi ha dato gli strumenti per comprendere la sua scelta, ma mi ha imposto di essere la sua nutrice e la sua barriera contro il mondo esterno, lasciandomi in balia di esso.”
“Signorina, lei sa benissimo qual è la soluzione. Al posto di lamentarsi, deve cercare un utero per lei stessa, e fare come me!”
“Se tutti facessero così, però..”
“...a catena, come tante matrioska...”
“...uteri dentro uteri, dentro uteri...”
“...naturalmente i maschi dovranno avere l'accortezza di de-nascere al primo stadio, in quanto privi dell'organo fondamentale, ma dal secondo stadio in poi ci saranno solo femmine, che non avranno problemi a continuare la catena ascendente.”
“Maschi e femmine sono all'incirca uguali per numero, non resterebbero uteri liberi per gli stadi successivi al primo!”
“Sciocchezze! Qualunque utero può accogliere bene una coppia di gemelli. Placente separate, chiaramente, o la chiusura non sarebbe totale.”
“Anche così, però, alla fine rimarrebbe un'unica super-madre, portatrice finale del genere umano. Una vittima sacrificale senza speranza di salvezza. Come potrebbe sopportare tutto ciò?”
“Signorina, sono tuttora convinto che lei possieda un'intelligenza brillante. A questo punto, la risposta viene da sé, ci pensi.”
“...”
“Allora?”
“Oh, mio Dio!”
“Esatto, signorina. All'ultimo essere umano non resterebbe che rientrare nell'utero di Dio!”